L’Intelligence nell’era contemporanea

l'intelligence nell'era contemporanea

Precursori dell'era moderna nella produzione di informazioni

La fine del XV secolo contrassegnò quello che potrebbe essere definito come l’inizio dell'”era moderna” nella produzione di informazioni militari.

Era l’inizio dell’epoca delle esplorazioni nel mondo e del declino dei governi dinastici, sebbene questi abbiano continuato a mantenere il potere per altri cinque secoli; era anche l’inizio di un periodo in cui la tecnologia e le tecniche belliche cominciavano a svilupparsi rapidamente. Gustavo Adolfo, citato prima, fu uno dei primi innovatori moderni; a lui seguirono altri come Federico il Grande e, successivamente Marlborough e Napoleone.


Come Vegezio fece più di mille anni prima, strateghi e tattici iniziarono a formulare nuove dottrine e quelle relative alle informazioni militari ne rappresentarono un importante elemento.
Pur se dichiaratamente antiquati e singolari, i primi principi inerenti l’attività informativa, sono ancora validi. Ad esempio, Federico il Grande considerò sempre molto importante ottenere notizie sul Paese del potenziale nemico e la sua idea che la “conoscenza di un Paese è per un generale quello che un fucile è per un fante, e le regole di aritmetica sono per un geometra” è tanto valida oggi quanto lo era nella metà del XVIII secolo.
Maurizio di Sassonia, che fece esperienza diretta sotto Marlborough ed Eugenio di Savoia, descrive nelle sue “Utopie” alcune regole generali per l’interpretazione dei “segni”, cioè “quelle manifestazioni fisiche del combattimento che, se interpretate in modo corretto, forniscono alcune indicazioni riguardo all’obiettivo dell’esercito antagonista”. Trarre le debite conclusioni da segni di scarsa importanza o trascurabili è una procedura ancor oggi seguita dagli analisti e dai ricercatori Intelligence nell’ambito del sistema di analisi degli Indicatori ed Allarmi.
Fin da epoche antecedenti il XVII secolo, nonostante vi siano poche notizie sulla produzione sistematica di informazioni strategiche da parte di servizi governativi, si hanno invece notizie che testimoniano l’impiego e la produzione di informazioni strategiche da parte di istituzioni private.
Ad esempio, uno dei primi casi di attività informativa strategica condotta da un’agenzia privata fu l’attività svolta dai diversi istituti di credito in Europa nella metà del XVI secolo; inoltre prima delle attività delle grandi banche, vi furono nel Medio Evo attività di “Intelligence strategica” svolte dai commercianti e dai mercanti occidentali.
Per costoro, le notizie di natura economica, gli usi e le abitudini, le notizie politiche e sulle vie di comunicazione dei popoli e dei Paesi europei di interesse, furono determinanti per il successo o il fallimento delle loro imprese.

L'era moderna e quella contemporanea

La guerra del 1866, la prima combattuta dopo la proclamazione del Regno d’Italia, è caratterizzata da una generica ignoranza sul nemico da affrontare, sulle sue intenzioni e movimenti, sulle sue forze e capacità e soprattutto ignoranza sul territorio in cui si dovrà operare.
Il comandante dell’Armata italiana, il Generale La Marmora, non si preoccupava molto di utilizzare le informazioni sul nemico che stava per affrontare, né maggiore attenzione veniva dedicata dallo Stato Maggiore del Re Vittorio Emanuele II ai problemi della raccolta d’informazioni.
Iniziate le ostilità, le truppe dell’impero Austro-ungarico, non si vedevano, e, secondo le informazioni che La Marmora fece raccogliere, si trovavano ancora sulla sponda sinistra dell’Adige. E’ questa grave defaillance informativa che prepara, sulle alture tra il Garda e Villafranca, la sconfitta.
Sulla faccenda, divamperanno per lungo tempo le polemiche; il Generale Della Rocca accuserà il Comandante della Divisione di cavalleria di linea, incaricato di fare ricognizioni nel quadrilatero, di non essere andato oltre Villafranca. Il Generale accusato si difese affermando che “i cavalli erano stanchi”.
Erano venute a mancare le informazioni sulla pianura, interposta tra Villafranca ed i forti, attraverso la quale marciarono due corpi d’armata, 50000 uomini circa. Ma di questo non si seppe nulla o per meglio dire nulla si volle credere al Quartier Generale del passaggio dell’Adige da parte degli austriaci.
Le conseguenze del madornale errore non tarderanno a farsi sentire e porteranno direttamente alla sanguinosa sconfitta di Custoza.

 

Nella seconda metà del XIX secolo si assiste ad un tentativo di dare disciplina alla materia relativa all’attività spionistica.
Infatti, fino ad allora, le scene dello spionaggio europeo erano dominate in particolare da individui disposti a lavorare contemporaneamente per diversi committenti.
Ciò era dovuto al fatto che gli agenti informatori affrontavano un rischio piuttosto contenuto; ad esempio la massima pena per gli agenti stranieri scoperti in azione sul territorio della monarchia asburgica consisteva in cinque anni di reclusione.
La Francia è la prima che nel 1886 regola i reati di spionaggio con un’apposita legge, ma anche in questo caso le pene sono relativamente miti.
Piani di mobilitazione e cifrari costituiscono l’obiettivo principale degli agenti dell’epoca; le informazioni fondamentali riguardo i primi sono il dispositivo di concentramento delle truppe, che permette di valutare il peso numerico dell’avversario e, altrettanto importante, il piano di trasferimento delle armate verso il loro luogo d’impiego.
Caserme e ferrovie sono dunque al centro del segreto da carpire, che viene protetto dall’altra preda che il cacciatore d’informazioni perennemente insegue: i cifrari.
Partiti dal livello più semplice, quello della sostituzione delle lettere, violabile anche dai decrittatori meno abili, si passa ben presto a sistemi più complessi quali ad esempio l’inserimento delle lettere che compongono il messaggio in un reticolo di cifratura.
Il prolungarsi del primo conflitto mondiale ha sullo spionaggio effetti che si estrinsecano nel conseguimento di una maturità professionale generalizzata basata su una serie di esperienze alle quali si continuerà a fare riferimento fino ai giorni nostri.
In particolare il lavoro dell’Intelligence è messo sempre più alle strette dal raffinarsi e dall’ampliarsi di tutti i servizi di controspionaggio e dalle relative misure di sicurezza definite per proteggere le proprie informazioni di valore; si va dalle quarantene postali e telegrafiche, alle improvvise chiusure delle frontiere, alla censura rigorosamente generalizzata, ai controlli telefonici, al perfezionarsi di tecniche chimiche capaci di rilevare inchiostri simpatici o messaggi miniaturizzati.
Pariteticamente, è da notare l’espandersi della crittografia ed il crescere contemporaneo dell’abilità dei decrittatori.
Si tratteggia infine quello che deve essere il lavoro d’Intelligence condotto in zona di guerra: i Generali si avvalgono di personale e strumenti capaci di fornire loro una visione dettagliata dello scenario operativo in cui dovranno condurre le proprie operazioni.
Così davanti alle trincee, nella terra di nessuno, vengono occultate le stazioni intercettatrici radio e telefoniche.
Sulla prima linea vengono posti appositi osservatori incaricati di riferire sull’attività dell’avversario.
Nelle retrovie vengono a costituirsi i centri raccoglitori delle stazioni intercettatrici, i centri di raccolta dei prigionieri da sottoporre a specifici interrogatori ed infine i centri di coordinamento di tutta l’attività Intelligence.
Al personale di tali centri di coordinamento compete infatti anche il complesso lavoro da svolgere sui prigionieri nemici, lavoro che va articolato in interrogatori condotti in maniera accurata e sistematica al fine di ottenere informazioni tempestive utilizzabili dai comandanti.
La Grande guerra fornisce l’occasione alle Intelligence delle varie potenze di affinare il grande e ancor rozzo gioco dello spionaggio. Gli inglesi tramano in Medio Oriente, i russi si infiltrano a Costantinopoli, gli italiani violano i segreti di Vienna, mentre sabotatori austriaci fanno saltare in porto le corazzate Benedetto Brin e Leonardo da Vinci. E il “Servizio III B” scatena da Berlino Anne Marie Lesser, alias Fraulein Doktor, alias 1-4GW, la donna che con Mata Hari divide la ribalta dello spionaggio, capace di sottrarre al “Deuxième Bureau” la lista degli agenti francesi nei paesi neutrali.
Il ruolo dell’Intelligence, durante la seconda guerra mondiale, comportò il cambiamento di molteplici eventi che influenzarono lo scenario stategico-militare.
All’inizio del conflitto, l’Intelligence inglese non era in grado di decifrare i messaggi in codice usati dai tedeschi, che, allo scopo, si servivano di un apparato denominato “Enigma”.
I crittografi inglesi, riuscirono ad entrare in possesso di un “Enigma” e a decifrarne i codici; i tedeschi continuarono ad usare questo sistema per tutta la seconda guerra mondiale, convinti a tal punto dell’inviolabilità dei propri messaggi, da fornire un esemplare di “Enigma” all’Intelligence nipponica, che l’adattarono alle loro esigenze ribattezzandolo “Purple”.
L’Intelligence inglese, grazie ai successi ottenuti ed alla conoscenza anticipata dei piani tedeschi , fu potenziata con crittografi statunitensi e personale dell’Intelligence francese.
Furono impiegate migliaia di persone nella decodifica di centinaia di messaggi tedeschi; questa attività fu denominata “Ultra”.
Nel Pacifico, ai primi di giugno del 1942, nelle acque che circondano Midway, la macchina bellica nipponica, fino ad allora imbattuta, registrò la prima dura sconfitta. L’esito dello scontro fu determinato dalle indubbie capacità di Nimitz, a capo della Flotta del Pacifico, ma soprattutto dal contributo dell’Intelligence navale. Il quale, dimostrando di essere in grado di fornire in tempo utile informazioni dettagliate sulle operazioni nemiche. Il governo americano aveva iniziato a interessarsi dell’impiego della crittologia nella marina militare quasi venti anni prima, nel 1924, quando, su iniziativa di Laurence F. Safford, una figura leggendaria all’interno della storia dei servizi americani, venne costituito il primo nucleo dell’OP-20-G, un corpo scelto costituito principalmente da analisti con il compito di raccogliere e decifrare il traffico radio della flotta giapponese, ma che nel corso del secondo conflitto mondiale avrebbe trovato ampio impiego anche nel controllo dei movimenti delle formazioni navali italiane e tedesche.
Anche in Italia si ha una notevole attività Intelligence, i servizi informativi nazionali effettuano delle operazioni offensive nei riguardi di ambasciatori di Paesi nemici (negli anni tra il 1940 e il 1944). Infatti il SIM reclutava senza difficoltà personale tra i domestici dei diplomatici nemici. Essi erano in grado di riferire quali ospiti venivano ricevuti a colazione e anche i brani di conversazione che riuscivano a cogliere. Nel 1943, il SIM fece in modo che l’ambasciatore inglese, sir d’Arcy Osborne, prendesse al suo servizio uno dei suoi uomini in qualità di maggiordomo. Secondo le istruzioni ricevute, questi rubò dal suo nascondiglio tutto il materiale attinente al cifrario in possesso del diplomatico. Poi lo consegnò a un agente del SIM che ne fotografò i contenuti. Informato che i suoi messaggi indirizzati a Londra non erano “sicuri”, Osborne rese la pariglia agli avversari, inserendo nei suoi dispacci al Ministero degli Affari Esteri affermazioni false e fuorvianti, sapendo che sarebbero state lette dagli italiani.
Il fronte orientale mise in rilievo che l’Urss, che pure disponeva della più grande e ramificata rete di servizi segreti della storia, fu vittima della più gigantesca catastrofe che, sul piano dell’informazione, si sia mai verificata nel corso della II guerra mondiale, dovuta non tanto alla mancanza di informazioni, quanto all’uso e all’analisi delle stesse. L’invasione tedesca, infatti, ebbe il vantaggio della sorpresa, grazie alle debolezze personali di coloro che assecondarono la caparbietà di Stalin nel voler fare personalmente il capo analista Intelligence, il quale era ossessionato da immaginarie cospirazioni che lo resero cieco all’autentica minaccia rappresentata dall’operazione tedesca “Barbarossa”.
Verso la fine del conflitto il Security Intelligence Service inglese (SIS) e l’Office of Strategic Service americano (OSS), lavorando a stretto contatto, riuscirono a reclutare alcuni agenti tedeschi, che, nella loro attività di doppio gioco, riuscirono ad ingannare la loro organizzazione Intelligence, “l’Abwher”, comunicando un’imminente invasione alleata dei balcani anziché dell’Italia.
A seguito di tali informazioni i tedeschi rafforzarono le difese balcaniche indebolendo quelle in Sicilia.

 

E’ solo nei primi anni della Guerra fredda che si affina e perfeziona il SIGINT che, attraverso la raccolta d’informazioni affidate a comunicazioni radio o a rilevazioni condotte elettronicamente, consente una raccolta impressionante d’informazioni che neppure un esercito di agenti potrebbe consentire di ottenere attraverso mezzi tradizionali.
Questi risultati portano ad una temporanea contrapposizione tra l’Intelligence tradizionale, condotta attraverso la penetrazione informativa del territorio avversario, ossia lo HUMINT, e le nuove attività che permettono di ottenere le informazioni desiderate sia mediante l’intercettazione e la decrittazione delle comunicazioni sia mediante la ricognizione fotografica operata mediante aerei o satelliti (IMINT).
Vantaggio non indifferente del SIGINT e dell’IMINT è che l’ampiezza e l’accuratezza delle notizie raccolte è unita ad una tempestività di rilevazione che permette ai Comandi strategici risposte operative praticamente simultanee a qualsiasi azione avversaria.
In tale contesto è inseribile la gestione della crisi nata dallo schieramento di missili sovietici a Cuba la cui risoluzione fu permessa grazie alle prove fotografiche presentate dagli U.S.A. alle Nazioni Unite, prove ottenute mediante l’impiego dei famosi aerei spia U2.
A partire dalla dissoluzione dell’impero sovietico e, in conseguenza dell’enorme sviluppo dell’IT (information technology), i servizi Intelligence hanno iniziato ad indirizzarsi sempre più verso una ricerca di informazioni ottenuta per tramite di sofisticatissime apparecchiature elettroniche e, contestualmente tramite lo sfruttamento della rete d’interconnessione globale ossia INTERNET.
Questa nuova mentalità ha portato a trascurare le attività Intelligence in cui l’uomo è il principale strumento di acquisizione delle informazioni ossia lo HUMINT.
I fatti dell’11 settembre 2001 hanno però dimostrato che, per quanto si possa disporre di tecnologie costosissime ed avanzatissime, queste non riescono a fornire da sole una percezione sufficiente dei sentimenti e delle intenzioni di popolazioni, gruppi sociali o singoli individui.
Per questo motivo, a partire dall’attentato alle Torri gemelle, si è riscoperto lo HUMINT come strumento indispensabile per capire effettivamente verso quale direzione si sta muovendo la minaccia reale o potenziale e in quali forme potrebbero concretizzarsi le sue azioni.